Produzioni multietniche in Lombardia

Come nutrire una città multietnicaFabrizio De Fabritiis  (*)

Logo nutrire città che cambiaGli esseri umani, quando si muovono, portano con loro abitudini, oggetti, emozioni, cibo. Gli alimenti non possono essere per sempre, sono deperibili e soprattutto sono consumati per la nostra esistenza. Perché ci si possa alimentare con i cibi cui il nostro corpo è abituato, è necessario poter produrre gli alimenti della nostra dieta nel luogo dove ci stabiliamo: i semi quindi servono a ricreare le condizioni della nostra esistenza.

Quando nel 2008, assieme a Paola Santeramo della Confederazione Italiana Agricoltori di Milano, Lodi, Monza e Brianza, abbiamo pensato per la prima volta al progetto Nutrire la Città che Cambia, eravamo attratti soprattutto dalla constatazione che il movimento del chilometro zero o filiera corta o a favore delle produzioni locali, si rivolgesse solo a noi italiani, dimenticando tutti coloro i quali italiani non sono. Allora ci siano posti delle banali domande: ma coloro che sono nati in Asia, Africa, America Centro Meridionale, cosa mangiano dei prodotti dei nostri campi e cosa vorrebbero mangiare? A cosa hanno dovuto rinunciare nella loro emigrazione nel nostro paese?

Domande non oziose, se pensiamo che alla fine del 2012 in Italia c’erano circa 4 milioni di cittadini non comunitari regolarmente residenti e di questi circa un milione residenti nella sola Lombardia.

Perché se per un europeo, dalla Spagna alla Russia, comunitario o meno, l’abitudine al consumo degli ortaggi, autoctoni o arrivati nel nostro continente dal quindicesimo e sedicesimo secolo, è stato lento, probabilmente chi nello scorso e in questo secolo è arrivato in Italia da altri continenti, è stato costretto a cambiare radicalmente le proprie abitudini alimentari.

Finalmente quest’anno il progetto è stato avviato grazie ad ASeS, Associazione Solidarietà e Sviluppo, in collaborazione con Confederazione Italiana Agricoltori e il contributo di Fondazione Cariplo, ed è stato presentato nel corso del convegno del 29 ottobre a Palazzo Reale, a Milano che ha visto la partecipazione di Imprenditori agricoli, responsabili dei mercati ortofrutticoli all’ingrosso, di docenti universitari e di esperti.

Il convegno ha messo in luce, grazie ad un’indagine realizzata appositamente per la prima volta su questo tema specifico, una realtà produttiva lombarda vivace, formata da piccoli imprenditori agricoli non comunitari che coltivano oltre 30 tipi ortaggi di provenienza prevalentemente asiatica, in alcuni casi specie nuove e in altri varietà di specie già conosciute.

Secondo i dati presentati, in Italia c’erano, all’inizio dell’anno, 327 ditte agricole individuali (nel 2009 erano 265) i cui titolari erano cittadini non comunitari, principalmente nelle province di Brescia (73), Bergamo (40), Mantova (39) e provenienti da Asia (83), Africa (42) e America Centro Meridionale (46). I produttori asiatici, il gruppo più numeroso, nel giro di quattro anni sono raddoppiati, dai 40 del 2009. Questi produttori sono abbastanza giovani, il 64% ha meno di 50 anni e nell’82% dei casi hanno iniziato la loro attività nel nostro secolo.

Assieme all’indagine statistica è stata condotta un’indagine sul campo riguardante i produttori presenti nei mercati ortofrutticoli all’ingrosso di Milano, Brescia e Bergamo, al sabato, giorno in cui i mercati sono aperti anche ai cittadini. Brescia è attualmente il mercato con il maggiore numero di produttori presenti (11), seguito da Milano (7) e Bergamo (3). Di questi 9 sono di nazionalità cinese, 6 bengalese , 3 indiana e 3 pakistana. Avendo assistito al sabato all’incontro tra produttori e consumatori possiamo dire che tutto il prodotto viene assorbito dai consumatori. Ci sono però produttori che vendono direttamente ai negozi di ortofrutta e a ristoratori e uno ha dichiarato che il suo sogno sarebbe far arrivare i prodotti coltivati ai componenti della sua comunità che sono in Germania.

Articolo De Fabr foto 2Questi produttori coltivano terreni, nella maggioranza dei casi in affitto, di dimensione normalmente compresa tra meno di un ettaro e 5 ettari e hanno avviato la loro produzione per soddisfare la richiesta della comunità di provenienza importando le sementi nel corso dei loro viaggi.

Gli ortaggi normalmente prodotti sono: la Korola o Ampalaya, una specie di zucchina dal sapore amarognolo consumata fritta o saltata in padella, le cui foglie sono impiegate per uso curativo; diverse varietà di zucche asiatiche, Lao, Tongua, Bianca; il Coriandolo, una spezia simile al nostro prezzemolo le cui foglie sono impiegate per insaporire salse e i cui semi servono per la preparazione del Curry;  l’Okra simile ad un peperoncino, che durante la cottura rilascia una specie di gelatina e assume il sapore delle pietanze con cui è cucinata; il Kang Kong, chiamato anche spinacio d’acqua, cucinato saltato in padella, è consumato soprattutto nei paesi del sud-est asiatico; il Pak Choi, un cavolo cinese saporito; il Sitaw, un fagiolino lungo cucinato come i nostri, e molte altre varietà. In alcuni mercati rionali milanesi, dove ormai molti rivenditori sono di origine asiatica, alcuni di questi vegetali sono già disponibili.

Principali produzioni in Lombardia
Principali produzioni in Lombardia

L’altra parte del progetto riguarda la sperimentazione colturale che alcuni imprenditori agricoli lombardi avvieranno con la collaborazione della Facoltà di Agraria dell’Università di Milano. Le piante prescelte sono l’Amaranto e la Quinoa diffusi nell’America Centro Meridionale, l’Okra consumata da asiatici e africani, la Mizuna e il Pak Choi, di origine cinese ma consumati anche nei paesi asiatici, e il Teff, un cereale presente nell’Africa Orientale.

Nel giro di pochi anni tutti questi nuovi prodotti ci diventeranno familiari e il loro numero è destinato ad aumentare man mano che nuovi agricoltori, anche di altra nazionalità, entreranno sul mercato. Quindi nuovi prodotti per i consumatori, comunitari e non, e nuova opportunità di lavoro per i cittadini non comunitari di essere presenti nell’agricoltura italiana come imprenditori e non solo come prestatori d’opera.

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(*) Beni Pubblici – http://www.benipubblici.it

Pubblicato da Daniela Mainardi

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